domenica 16 gennaio 2011

Tramstraat 23, ovvero del labile confine fra leggerezza e vacuità nei rapporti umani

Tramstraat 23 è un indirizzo ben noto nell'underground erasmusbarratesiinfilippi di Eindhoven. Corrisponde ad una delle tante student house della Città della Luce, ossia casermoni da 10-20 camere in cui convivono Erasmus e tesisti della Filippi. Aggiungete un bagno per ognuno dei 3 piani, 2 cucine di cui una piccola ed ecco pronto il paradiso del giovane: gente che viene e che va (con relativo saccheggio delle camere), feste troppo affollate per la volumetria degli spazi comuni e sudicio a palate. Vi si trovano persone di tutte le razze: svizzeri, turchi, olandesi (molto solitari, quasi a riproporre l'antropologia xenofoba delle città unversitarie italiane, dove pisani (o senesi) e terroni vivono fianco a fianco riuscendo a non mescolarsi), negroni non meglio definiti, Albe, indonesiani come se piovesse (che fanno comunella per conto suo e friggano 'gniosa (per fortuna al primo piano nella cucina più piccola)) e molti altri.
Conoscere persone in questi posti è facile, basta averne voglia e le occasioni pioveranno. Si comincia con una cena, una birra (l'acqua a Tramstraat si usa per lavare i piatti, e non è che li lavino tanto spesso) e si diventa intimi. Questo modello non potrebbe mai funzionare nelle nostre città di provenienza, perché (quasi sempre) mancherebbe un ingrediente fondamentale: la mancanza di riferimenti (in redazione c'era chi proponeva il termine "solitudine", ma poi c'è sembrato troppo forte). Abbiamo bisogno di qualcuno che non solo ci salvi dal silenzio, ma che possiamo promuovere sul campo ad "importante per me". E la relazione è biunivoca, in quanto noi stessi abbiamo bisogno di questa qualifica per instaurare la condizione di empatia che ci permette di provare la morbosa soddisfazione derivante dalla raccolta di confidenze e dalla profusione di consigli.
Tutto questo è maledettamente giovane e divertente. Fino a quando non scappa di mano.
Ci viene difficile ammettere a noi stessi che questo tipo di rapporti sono costruiti sulla sabbia, non sulla roccia della conoscenza graduale e pluriennale di cui sono fatti i rapporti del mondo reale. Le amicizie Erasmus assomigliano alle amicizie feisbucchiane. E allora ecco che ci si dimentica che le persone conosciute in un contesto temporaneo e accelerato hanno una storia lenta la cui conoscenza approfondita richiede tempo. E' come nei rapporti d'amore: la conoscenza vera viene col tempo. Non è che non possa arrivare, anzi. Serve tempo però.
Ed ecco che invece a Tramstraat non c'è tempo, ma ci sono necessità, quindi persone conosciute un mese fa diventano i nostri riferimenti. Poi succede però che possa verificarsi un momento di bisogno vero, una difficoltà, oppure una gioia grande, perché no un amore che nasce. E lì intorno a noi ci sono questi sedicenti riferimenti. Che però non sanno chi siamo. Ed ecco che la relazione è sbilanciata, mancano le competenze necessarie.
Detto questo, le amicizie Erasmus sono tremendamente divertenti e arricchenti. Si conoscono persone completamente culturalmente diverse e si conoscono da zero, condizione che sposta la learning curve nell'origine, laddove la pendenza della curva dell'arricchimento è più ripida. Bisognerebbe solo riuscire ad astrarsi dalla condizione attuale e riportare le cose al loro giusto ordine. Che non vuol dire che non si possano incontrare persone che rimarranno per la vita, ma che le promozioni si guadagnano col tempo, non con l'emergenza.

A dicembre abbiamo completato la nostra stagione perfetta (la Supercoppa Europea finita nella bacheca del Vicente Calderon non può macchiare la cavalcata trionfale) vincendo la coppa del nonno. Abbiamo affrontato avversari onestamente improponibili, per quanto pittoreschi, ma il pallone è pur sempre tondo, come diceva il mi nonno. Rimaniamo dell'idea che questa coppa valga poco, che i successi veri siano stati altri, ma perderla sarebbe stato delittuoso. Ma lo spunto ce lo dà ancora una volta lui, lo Special One, con questa dichiarazione. Uno di noi. Anche da questo (oltre che dai risultati) si vede la differenza da gente che frettolosamente dichiarò di essersi sempre sentita bianconera anche quando era "da altre parti" (a fare casini, ndr).
Un piccolo appunto alla dirigenza nerazzurra, alla quale dobbiamo comunque eterna riconoscenza: perché per sostituire Benitez (decisione sacrosanta, mai piaciuto né alla redazione né all'ambiente nerazzurro) si è scelto un tecnico assolutamente inesperto, sebbene persona di squisita intelligenza, e bandiera milanista per 15 anni? C'era libero l'Uomo Ragno, il ragazzo della Curva Nord, la nostra bandiera Walterone Zenga, che nel frattempo è diventato un tecnico di tutto rispetto e di comprovate capacità: perché non concedere a noi tifosi questo sogno? Speriamo che i nostri dirigenti ci sbugiardino, negli ultimi anni non è stato sbagliato quasi niente, del resto. Un fatto resta: FORZA INTER!

2 commenti:

cietta ha detto...

e bravo il tibe!
mi sei piaciuto, ma io sono di parte "a me mi" piaci sempre!

Unknown ha detto...

Ma in fondo riflettendoci bene, a mio parere, Tramstraat 23 non è molto dissimile dall'Italia o da qualsivoglia altro paese: ormai si tende a definire amici e ad acoompagnarsi con persone che a stento si conoscono, per la sola convenienza o bisogno di farlo. E' una realtà molto triste a mio parere, paradossalmente conseguenza della voglia di leggerezza e spensieratezza.