domenica 10 aprile 2011

Frammenti di vita a livello base

Sense and Simplicity: questo è il nostro brand, questo è ciò che abbiamo in mente quando scriviamo un'invenzione, quando progettiamo un esperimento, quando presentiamo i frutti del nostro lavoro a chi li trasformerà in vaìni. Poi, tutto a un tratto, scopriamo che è tutto vero, che quello che facciamo migliora la vita delle persone (quantomeno, della redazione di questo blogghe): this is what I call sense and simplicity! Un'idea apparentemente banale, idiota, eccheccivòle, lo potevo inventà anch'io. Ma intanto lo abbiamo inventato noi. L'autorasatura non sarà più la stessa. Non è più la stessa.
Ma lavorare da Filippi non è solo questo. Lavorare da Filippi significa entrare in contatto con gente di tutti i tipi. Anche con gente che sembra provenire da un'altra epoca, o da un altro mondo. Parliamo di un tesista il cui supervisor condivide l'ufficio con la redazione. Ogni volta che viene per cercarlo non riusciamo ad esimerci dall'osservarlo: un comportamento di un'educazione e di una gentilezza che nella rat race della superficialità di noi moderni risultano tanto fuori moda quanto sublimi. Bussa prima di entrare (non tutti lo fanno). Fa capolino con i suoi occhialini perfetti, la sua divisa da parte, il maglioncino con la camicia inappuntabile. A occhio dovrebbe essere indiano, pachistano o giù di lì. Entra. Indipendentemente dalla presenza del suo supervisor, la prima cosa che fa dopo essere entrato è cercare il mio sguardo per sorridermi e salutarmi con amicizia, rispetto (avrà 2 o 3 anni meno di me al massimo), sfiorando l'affettazione ma rimanendone lontano anni luce. Addirittura si ferma, non mi saluta mai camminando. E non ho mai fatto niente per lui, di più, il nostro rapporto non è mai andato oltre questo saluto. Se poi il suo supervisor è lì, gli si accosta con una riverenza che andrebbe mostrata nelle scuole di oggi agli alunni legittimati a dare del tu ai professori. Quando gli si rivolge, antepone sempre un "Doctor" al suo nome. Unheard of. E se non lo trova, provo ad aiutarlo: "Shall I tell him that you've dropped by?" L'unica risposta che ottengo è sempre: "No, thanks. It doesn't matter. I will come back later." Ha paura di disturbarlo. Umiltà.
I tempi sono ormai maturi per una nuova campagna del blogghe: "Sughi pronti... per il secchio!" E' stata una folgorazione, eravamo intorno al 20 marzo. E' venerdì, siamo tornati tardi dalla palestra, ci vuole una cena veloce e senza carne (la Quaresima esiste anche quassù). C'ho quel sugo pronto che non ho ancora provato con zucchine e peperoni. Magari è bono. Scolo la pasta con tempismo collaudato (il confine fra dura e scotta è labile, l'intervallo è dell'ordine dei secondi), e la condisco. Il profumo non promette benissimo. Il gusto. però, è notevolmente peggio delle promesse. Una fatìa bestia per finì un piattino misero di pasta. E' stata una cena travagliata, ma alla fine ha portato ad una decisione netta: mai più sughi pronti. In questi primi mesi orange ne abbiamo fatto un uso estensivo (mangiamo poca pasta, ma quella poca sempre col sugo pronto), ne abbiamo trovati di quasi decenti (quello ai funghi, quello al salame), ma soprattutto di improponibili (la lista sarebbe lunga). Mancava la scintilla, l'episodio. Proprio oggi ho finito l'ultimo sugo pronto, un pomodoro, aglio e pecorino che non rientra nella categoria dei più infami. E domani sera carbonara. Un paiolo da polenta.
Per finire, un paragone populista fra due notizie lette lo stesso giorno alcune settimane fa. Eto'o contesta una multa da 39 euro per divieto di sosta vs. Noureddine Adnane, ambulante regolare marocchino morto dopo essersi dato fuoco perché disperato per i continui controlli (e, pare, soprusi) da parte dei vigili di Palermo. Non ci sono giudizi da dare nei confronti di nessuno. Ma le due notizie in fila stridono forte.

3 commenti:

cietta ha detto...

come sempre ottima analisi sociologica...
come direbbe un buon critico: si ride e si piange, io aggiungo si riflette...
ma io non sono un buon critico, il mio giudizio è interessato!

Maurizio ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Maurizio ha detto...

Vuoi dire che dopo l'utilizzo di quell'arnese per i capelli non ti rimangono comunque ciuffi ribelli (i famosi "ciuffi di Marco M.", per non fare nomi)?!

Il fatto che i sughi pronti all'estero fossero un'invenzione demoniaca, cara redazione, però ... deh!

Apprezzo il monumento alla gentilezza gratuita, ma ho notato che a volte gli indiani/pachistani/bengalesi in questi ambienti rasentano (è il limite opposto) il servilismo, comunque meglio la cortesia che il "tu" associato a un'elevata durezza Brinell della corteccia cerebrale!

A presto!
(Oh, moviti a redarre però!)